Film del 2014, l’epidermico “I Vichinghi” sembra quasi l’episodio pilota di una serie Tv per velocità e chiarezza di intenti, mostrando inoltre uno spiccato interesse per il tiro con l’arco.
Si prende i tempi giusti “I Vichinghi”, coproduzione svizzero-tedesca-sudafricana diretta da Claudio Fäh (“L’Uomo senza Ombra 2”, “Sniper: scontro totale”) e uscita nel 2014. Si prende il giusto tempo per le battaglie, che soddisfano lo spettatore senza indugiare né accelerare, ma anche per un’imprevista parentesi di umanità che vede la principessa curare uno dei suoi rapitori. Pure gli antefatti vengono spiegati con calma, a tempo debito e a più riprese, evitando certi racconti massicci, farciti di intrighi e nomi impronunciabili, che fanno perdere d’animo lo spettatore smarrendone sia l’attenzione che la pazienza. Il tempismo e la semplicità sono essenziali, anzi: si può dire che siano tutto, nell’immediato ed epidermico “I Vichinghi”, che vanta il ritmo di un ottimo film d’azione pur avendo, per questa e altre caratteristiche, ricevuto riscontri complessivamente bassi. C’è chi non ha gradito, infatti, il guerreggiare continuo come pure la scelta registica di avviare alla narrazione dei personaggi totalmente privi di passato: nessuno dei protagonisti, in effetti, sembra essere perfino esistito prima del naufragio che l’ha condotto in Scozia. Tuttavia, se questa presentazione simultanea e priva di dettagli fosse stata poi compensata da lunghi e contorti flashback o da verbosi racconti sulle origini di Asbjörn e dei suoi compagni, potremmo forse protestare, ma visto che il regista svela solo l’essenziale in piccole, sostenibili rate di dialogo, peraltro pure didascaliche, non ce la sentiamo proprio di lamentarci, anzi: vogliamo considerarlo un pregio. “I Vichinghi”, infatti, non vuole essere un affresco ricercato sulla mitologia norrena o un lungometraggio dove trama e dialoghi spiccano per originalità e raffinatezza, ma piuttosto un film in costume, semplice ed esteticamente appagante, composto principalmente da battaglie e inseguimenti, privo di fronzoli come pure di difetti davvero penalizzanti.
Palesemente, non aspira all’eccellenza, tuttavia riesce perfettamente nel dichiarato intento di intrattenere con un risultato snello, immediato, testosteronico e moderatamente zotico, visivamente più che godibile, vantando pure una durata di soli 95 minuti: una rarità, nell’offerta cinematografica odierna.
Tratto da “Vichinghi a fior di pelle” di Arianna Biagi – Arco 6/2023