La crisi pandemica in corso ha provocato e continua a provocare effetti devastanti sulle attività sportive, specialmente su quelle dilettantistiche e di base. In questo 2022 appena iniziato, i Sodalizi dovranno per l’ennesima volta riprogrammare le attività sportive e rideterminare le quote di partecipazione alle varie attività in funzione di nuovi costi e di nuovi oneri derivanti sia dalle misure di contenimento imposte dal Governo per prevenire la diffusione della pandemia (nuove regole Green Pass), sia a seguito degli effetti che sta producendo la riforma dello sport sui bilanci delle Società stesse, come quelli che deriveranno dall’inquadramento giuslavoristico di molti lavoratori di prossima applicazione. La riforma dello sport è stata avviata con la legge di delega al Governo n. 86/2019, che ha portato all’adozione di 5 decreti legislativi nell’ambito della più ampia riforma di riordino del sistema del Coni. Infatti il 18 e 19 marzo 2021 sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale i 5 decreti legislativi attuativi della riforma dell’ordinamento sportivo e tra i quali il D.Lgs. 28 febbraio 2021, n.36 che ha per oggetto l’attuazione dell’art. 5 della legge di delega, recante “il riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo”.
Professionismo sostanziale
Il principio generale della riforma del lavoro sportivo, introdotto dal D.Lgs. n.36/2021 è incentrato sulla nozione di “professionismo sostanziale”, quindi non conta più la tradizionale distinzione tra settore professionistico o dilettantistico – la L. 91/81 viene infatti abrogata dopo 40 anni – ma si guarda alla sostanza del rapporto per cui “chiunque svolga attività sportiva a titolo oneroso al di fuori delle prestazioni rese a scopo volontaristico-amatoriale, è considerato un lavoratore sia che operi nel settore professionistico o dilettantistico, al vertice o alla base”. Non viene quindi previsto un regime differenziato in funzione del riconoscimento del carattere sociale e di prevenzione sanitaria dell’attività sportiva o in base a specificità di un settore e ciò sembrerebbe contrastare nei fatti i contenuti della legge di delega. Il rapporto di lavoro diviene centrale e va ad attrarre tutte le prestazioni a titolo oneroso che non abbiano una matrice ludico-amatoriale. Ma veniamo alla definizione di “amatori”, unica categoria che non comporterà ulteriori costi per i Sodalizi sportivi e che potrebbe interessare il comparto del tiro con l’arco e delle armi sportive. Sono “amatori” coloro che mettono a disposizione il proprio tempo e le capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretto, ma solo ed esclusivamente per finalità amatoriali a favore di Ssd, Asd, Fsn, Dsa ed Eps. La definizione in realtà è molto simile a quella di “volontario” contenuta nel codice del Terzo Settore (art. 17 D.Lgs. 117/17), introducendo le finalità amatoriali sportive al pari dell’omologo delle finalità solidaristiche proprie del Terzo Settore (vedi box). Tuttavia, le nuove disposizioni sul lavoro sportivo decorreranno dal 1° gennaio 2023 per cui continua ad applicarsi il combinato disposto di cui agli art. 67 e art. 69 Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi). Nulla ad oggi quindi è cambiato, ma i Sodalizi non potranno non tenere conto dell’entrata in vigore delle nuove norme, considerato che le stagioni sportive spesso non coincidono con l’anno solare, pertanto già da settembre 2022 si dovranno riprogrammare gli accordi contrattuali con i propri collaboratori sportivi. In molti casi ci si troverò di fronte a prestazioni di natura professionale per l’intera somma che verrà concordata, con l’ulteriore aggravio di una nuova contribuzione assistenziale e previdenziale e maggiori costi amministrativi di gestione. Di seguito, si analizzano i vari inquadramenti che si potrebbero determinare con l’effettiva operatività della riforma, anche se si segnala che sono allo studio diverse ipotesi di modifica delle attuali disposizioni introdotte e quindi si potrebbero configurare ulteriori slittamenti legati all’operatività delle nuove norme. Sicuramente da apprezzare lo sforzo del Governo e del Presidente del Consiglio nel rinviare gli effetti applicativi delle norme, non andando così a penalizzare maggiormente un comparto già gravemente colpito. Infatti con la legge n. 106/2021 di conversione del D.L. 73/2021 (c.d. decreto “Sostegni bis”) sono state modificate le date di entrata in vigore dei decreti attuativi della riforma dello sport.
Collaboratore sportivo occasionale
Il “collaboratore sportivo occasionale” è colui che rende le prestazioni in qualità di volontario – quindi al di fuori di un rapporto obbligatorio di scambio tra prestazione e remunerazione – e potrà percepire, nei limiti di euro 10.000,00 annui (anno solare), soltanto indennità di trasferta e rimborsi spese forfettari e non emolumenti correlati ad una determinata prestazione sportiva, pertanto solo somme che rappresentino un ristoro delle spese sostenute, un indennizzo senza nessuna connotazione corrispettiva, oppure premi e compensi occasionali, non correlati all’attività svolta in termini di tempo e di prestazioni ma riconosciuti per il risultato ottenuto nelle competizioni sportive. Sicuramente si apriranno nuovi scenari e nuovi contenziosi, perché comunque le nuove disposizioni presentano criticità, anche perché dal lato pratico non è facile individuare una prestazione amatoriale e/o volontaria. La domanda che si pone è se possono essere considerate “amatoriali” le prestazioni dirette alla formazione e alla didattica nell’ambito dello sport organizzato con carattere di abitualità e continuità. Al momento tali prestazioni sembrerebbero costituire rapporti di lavoro esclusi dalla ratio nel riformulato art. 67, lett. m) del Tuir, proprio perché il legislatore sembrerebbe escludere ogni fattispecie di remunerazione fondata su una causa di scambio, che potrebbe sottintendere una prestazione lavorativa trasformandosi in un rapporto di lavoro non amatoriale, anche se sotto soglia (anche sotto soglia potrebbe scattare la presunzione di lavoro dipendente, il provvedimento non detta esclusioni). Tuttavia, a parere di chi scrive, l’esiguità dei compensi su base annuale, e non riconducibile a nessuna causa di scambio ma ad un mero rimborso forfettario delle spese sostenute o premio sportivo, potrebbe tranquillamente rientrare nella collaborazione sportiva amatoriale volta alla promozione dello sport anche attraverso la didattica.
Il rapporto di lavoro
Nella nuova formulazione della figura del lavoratore sportivo non trovano più collocazione molte figure legate allo sport, come gli ausiliari e gli assistenti all’attività sportiva, e questi potrebbero non trovare più collocazione nemmeno nel riformulato art. 67, lett. m) del Tuir. In base alle modalità di esecuzione della prestazione e delle circostanze nel suo concreto, il rapporto di lavoro sportivo potrà ricondursi ad una fattispecie piuttosto che ad un’altra e quindi al lavoro dipendente, all’autonomo o all’occasionale. Questa scelta del legislatore presenta incertezze ed apre nuovi scenari ai contenziosi giuslavoristici. La forma di rapporto di lavoro subordinato nello sport – che sia settore professionistico che dilettantistico – ricalca la fattispecie previgente della L. 91/81 degli sportivi professionisti. Nel settore dello sport non trovano applicazione alcuni istituti come il licenziamento individuale per giusto motivo o per giusta causa, le tutele reali come il reintegro del posto di lavoro o risarcimenti danni, nonché alcune norme dello Statuto dei diritti dei lavoratori quando esse risultino essere incompatibili con l’ordinamento sportivo. È previsto il contratto a termine fino a 5 anni. Possono essere inserite clausole compromissorie e sono vietate le clausole di non concorrenza. Sicuramente troverà applicazione per la posizione di atleti c.d. professionisti di fatto, incluse le atlete, che svolgano in via principale attività di vertice, adeguatamente retribuita, e che possono operare anche in contesti non qualificati professionisti ai sensi della L. 91/81. Il lavoro autonomo, nella forma coordinata e continuativa, non esclude la possibilità di ricorrere al contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ma tale possibilità risulta essere ridimensionata a seguito dell’abrogazione dell’art. 2, comma 2, lett. d), del D.Lgs. 81/2015, come previsione ex lege e comunque rimane salva la possibilità di ricorrere alla contrattazione collettiva e alla certificazione dei contratti. La collaborazione, per essere autonoma ai sensi dell’art. 409, co. 1, n. 3, c.p.c., presuppone l’autonoma organizzazione del lavoro da parte del collaboratore nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti. Quando la coordinazione e l’organizzazione sono unilateralmente determinate dal committente, scatta la presunzione di cui all’art. 2 del D.Lgs. 81/2015 e quindi si applica ex lege la disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle collaborazioni coordinate e continuative, salve alcune ipotesi di deroga espressamente previste al comma 2, lett. d), sulle collaborazioni rese ai fini istituzionali in favore delle Asd e Ssd riconosciute dal Coni, ma tale norma viene appunto abrogata dalla riforma. Per cui, a seguito dell’abrogazione di tale norma, lo spazio per le collaborazioni organizzate dal committente rimane legato alla sola contrattazione collettiva ai sensi dell’art. 2, co. 2 lett. a), che consente di stipulare valide co.co.org in deroga. Le Associazioni più rappresentative potrebbero assumere un ruolo significativo diretto a facilitare il ricorso a tale tipologia di contratti, anche se sicuramente potrebbero venire meno certe tutele economiche di cui si vuole fare garante la riforma. In realtà molti sindacati si sono mossi orientandosi soprattutto verso forme di rapporto di lavoro subordinato e sono stati rivisti anche alcuni Ccnl legati al settore dell’impiantistica sportiva, introducendo nuove forme di lavoro sportivo. Significativa appare la possibilità che anche un atleta dilettante possa essere assunto con un contrato di apprendistato.
Co.Co.Co a carattere amministrativo-gestionale
Potrebbe essere rivitalizzato l’istituto della certificazione dei contratti previsto dagli artt. 75 ss. del D.Lgs. 276/2003, anche alla luce degli accordi collettivi stipulati da Fsn e Dsa con le organizzazioni più rappresentative dei lavoratori, individuando buone pratiche per la scelta di contratti specifici certificabili. Per le co.co.co a carattere amministrativo-gestionale rese in favore di Asd, Ssd, Fsn, Dsa e Eps si stabilisce che le stesse potranno essere oggetto di collaborazioni autonome ai sensi dell’art. 409, co. 1, n. 3 c.p.c. (escludendo quindi ogni etero organizzazione del committente), dall’altro potrebbero rientrare anche nell’applicazione dell’art. 67, co. 1, lett. m), ma con i correttivi apportati.
I rapporti non devono essere di natura professionale e la qualificazione dei redditi diversi opera sia ai fini fiscali che previdenziali fino al limite di euro 10.000,00 e valgono le stesse considerazioni nel caso si superi il predetto importo (le prestazioni sono considerate di natura professionale per l’intero importo). Altra soluzione legata al lavoro autonomo, potrebbe essere quella di rivolgersi a soggetti titolari di posizione Iva in quanto professionisti esercenti attività continuativa e prevalente. Infatti, capita molto frequentemente che gli istruttori collaborino con più Sodalizi sportivi e la riforma del lavoro sportivo potrebbe innescare ulteriori criticità in capo ai Sodalizi, per cui, in tale situazione, sarebbe più opportuno rivolgersi a professionisti autonomi muniti di propria posizione Iva e previdenziale. Per quanto riguarda la prestazione occasionale, il riferimento è all’art. 54-bis del D.L. 50/17 convertito nella L. 96/17, cioè il c.d. PrestO, che ha sostituito il previgente meccanismo dei voucher. Anche per il settore sportivo valgono le regole ordinarie che consentono l’impiego dei lavoratori occasionali per utilizzatori con meno di 5 dipendenti a tempo indeterminato, per l’importo massimo di euro 5.000,00 per ogni prestatore ma di euro 2.500,00 se percepiti da un medesimo utilizzatore. Non ci sono modifiche introdotte dallo schema di riforma, poteva essere invece interessante la deroga ai limiti dimensionali e quindi l’estensione del regime previsto per gli steward delle Società professionistiche che possono percepire fino a euro 5.000,00 per ciascun prestatore anche se erogato dal medesimo utilizzatore Asd/Ssd.
Trattamento previdenziale
Il trattamento previdenziale delle PrestO pone interamente a carico dell’utilizzatore la contribuzione della gestione separata Inps e il premio per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Quanto al trattamento assicurativo, pensionistico e tributario, la riforma rimanda alle regole comuni in materia di tutele e prestazioni dei lavoratori per il lavoro subordinato e le co.co.org, salvo le nuove specifiche previsioni dello schema di D.Lgs. che si andrà definitamente delineando. Nello schema di provvedimento viene sancito l’obbligo di assicurare all’Inail i lavoratori subordinati sportivi ed i co.co.org. Per gli sportivi dei settori dilettantistici che svolgono attività con carattere amatoriale rimane ferma la tutela assicurativa obbligatoria prevista dall’art. 51 della L. 289/2002 (assicurazione infortuni e causa morte).
In merito al trattamento pensionistico viene disposto quanto segue:
– i lavoratori “subordinati” sportivi a prescindere dal settore di appartenenza (professionistico o dilettantistico) dovranno essere iscritti al fondo pensioni per gli sportivi professionisti istituito presso l’Inps – ex Enpals, cge assumerà la denominazione di “Fondo pensione dei lavoratori sportivi”;
– i lavoratori sportivi titolari di “co.co.co” o che svolgono prestazioni autonome o prestazioni autonome occasionali nei settori dilettantistici sono iscritti nella c.d. “gestione separata” Inps ex L. 335/1995 e versano aliquote differenziate come segue:
– per i lavoratori che risultano assicurati presso altre forme di previdenza, 10%;
– per i co.co.co o autonomi occasionali, non assicurati presso altre forme obbligatorie, il 20% per il 2021, il 22% per il 2022, il 30% per il 2023%, il 33% per il 2024;
– per i lavoratori autonomi non assicurati presso altre forme obbligatorie, il 15% per il 2021, il 20% per il 2022, il 22% per il 2023, il 25% per il 2024.
Il sistema contributivo ex Enpals prevede comunque una quota a carico del datore di lavoro (2/3) ed una quota a carico dell’atleta (1/3), con dei massimali prestabiliti (euro 103.055,00). Nella fattispecie dei lavoratori subordinati, la retribuzione è assoggettata oggi ad una contribuzione ordinaria del 33% (di cui 9,19% a carico del lavoratore). È prevista l’assicurazione Inail.
Trattamento fiscale
Anche il trattamento fiscale non si discosta dalle regole ordinarie, infatti per tutto quanto non previsto dal D.Lgs. 36/2021 si rimanda al Tuir. L’unica eccezione che rimane è riservata ai soli redditi da lavoro sportivo nel settore dilettantistico che, ai sensi dell’art. 36, comma 7, usufruiscono quale che sia il rapporto, della soglia di esenzione di cui all’art. 69, co.2 del Tuir (ovvero i tetto dei 10.000 euro), ma esclusivamente ai fini fiscali (e quindi non previdenziali). A parere della scrivente si debbono evidenziare le seguenti criticità: si passa da un regime in cui nessuno era tutelato ad uno in cui si diventa tutti lavoratori (compresi i direttori di gara!); invece di tipizzare il lavoro nello sport dilettantistico si è aperto un ventaglio a tutte le forme previste dalla nostra legislazione (dipendente, autonomo, occasionale, co.co.co…), con aliquote contributive differenziate che impongono in capo ai sodalizi valutazioni economiche importanti; si aprono ampi scenari di nuovi contenziosi e si mettono a rischio i contenziosi pendenti e che ad oggi si stanno risolvendo tutti a vantaggio dello Stato, perché se anche gli effetti della riforma sono stati rimandati di un anno la legge per i giudici risulta essere già operativa; l’attività nel settore dello sport rimane comunque un’attività caratterizzata in generale dalla “non continuità” delle prestazioni, per cui difficilmente gli atleti dilettanti raggiungeranno, con i contributi versati per tale attività, un minimo di contributo accettabile per poter andare in pensione; gli atleti stranieri tesserati non produrranno mai un montante pensionistico in Italia e non ne hanno interesse in quanto la loro permanenza sul nostro territorio risulta essere circoscritta ad un determinato arco temporale; i costi per i Sodalizi sportivi saranno molto alti e con la presunzione di lavoro subordinato per gli atleti professionisti anche nello sport dilettantistico, pregiudicando la possibilità di inquadrare diversamente gli atleti più giovani (al massimo apprendisti).
Definizione di sport
Estremamente significativo e da segnalare il dispositivo della Sentenza della Cassazione n. 3008 del 26 ottobre 2021 che anticipa in parte la riforma dello sport nella definizione di attività sportiva. Infatti secondo la Suprema Corte si considera attività sportiva:
– un’attività che deve essere caratterizzata da una componente fisica non irrilevante;
– un’attività che, secondo le direttive Ue, non deve essere finalizzata alla preparazione di atleti per gare e/o competizioni, cioè non è richiesto che l’attività fisica sia praticata ad un certo livello di competizione sportiva;
– un’attività che non deve essere praticata con continuità ed in modo sistematico.
Infine, viene sancito che si può rivestire la qualifica di Ente sportivo, in base all’ex art. 132, paragrafo 1, lett. m) della direttiva n. 2006/112, non solo mettendo a disposizione strutture sportive ai propri utenti, ma anche svolgendo attività distensive o ricreative purché strettamente connesse alla prativa sportiva. La definizione dello sport data dalla Suprema Corte non può di certo disattendere le direttive della Ue con cui l’Italia deve oggi fare i conti.
Conclusioni
In conclusione, tutto il comparto sportivo dilettantistico potrà allo stato attuale sostenere l’onere di una riforma che peraltro non risolve le molteplici criticità e le incertezze legate alla collocazione dei compensi sportivi? Spostare l’entrata in vigore delle norme attuative della riforma del lavoro sportivo al 1° gennaio 2023 consente ai Sodalizi di potersi riorganizzare per la prossima stagione, sempre che sia finita l’emergenza sanitaria, che peraltro non accenna ad attenuarsi ed anzi è resa ancora più complessa dall’utilizzo del Green Pass, che scoraggia i molti atleti amatoriali che fino a ieri frequentavano l’impiantistica sportiva al chiuso, ma che oggi non stanno ancora tornando alle vecchie abitudini (si registra un calo del 50% delle presenze). Permane ovviamente l’esonero contributivo nel settore sportivo dilettantistico per i primi di anni di operatività della riforma (2023-2024), ma l’ammontare dell’esonero dipenderà dall’ammontare dei contributi dovuti nei limiti del budget stanziato di 50 milioni di euro per ciascun anno, tanto che l’esonero potrebbe essere anche parziale e non coprire tutto il dovuto. Un rischio che si dovrà correre. La riforma non colmerà di certo il divario esistente tra il Nord ed il Sud d’Italia ed ancora oggi molti atleti al Sud non hanno la possibilità di avere a disposizione un’impiantistica sportiva adeguata come al Nord, ma di certo non per questo, grazie alla forza di volontà e al bisogno di riscatto, non riescono ad ottenere risultati sportivi eccellenti, al pari di atleti che possono usufruire di mezzi e strutture molto più adeguati. Una riforma dello sport che di sicuro porterà ad acuire tale divario, avvantaggiando solo quelle realtà territoriali che possono contare su bacini economici più ricchi e su risorse maggiori, facendo perdere sempre di più allo sport italiano quel carattere sociale che lo ha contraddistinto da sempre, facendolo sempre più essere un mero settore economico dove ricercare business e profitto. Senza contare che non potranno essere disattese le Direttive Ue legate allo sport, che poco hanno a che vedere con la storia dello sport italiano.
Tratto da “Il lavoro sportivo e la riforma”, di Doriana Sannipaola – Arco 1/2022