LA CORSA AGLI ARMAMENTI DEL TARDO MEDIOEVO

Nel corso del tardo Medioevo ebbe luogo in Europa una “corsa agli armamenti” che, nel volgere di alcune centinaia di anni, impose ad artigiani e combattenti di confrontare e raffinare tecnologie diverse, esperienze e tattiche belliche. Questo fenomeno, molto peculiare, portò ad elaborare gran parte degli accorgimenti e dei mezzi che nei secoli successivi avrebbero consentito agli europei di prendere di fatto il controllo del resto del mondo. L’impostazione della forza di combattimento sulla qualità piuttosto che sulla quantità era iniziata nella Grecia antica, con l’affermarsi dell’equipaggiamento oplitico. Fu elaborato allora un sistema di protezioni comprendente un elmo di eccellente progettazione, corazza, schinieri per la parte bassa delle gambe, tutti realizzati in bronzo.

Un ampio e robusto scudo circolare riparava torace e lombi dell’oplita dai colpi di lancia e dalle frecce. (…) Nell’XI secolo iniziò la diffusione della balestra, derivata da prototipi tardoromani che, anche nei primi modelli caricati con la forza delle braccia, consentiva di lanciare frecce più pesanti e con maggiore precisione rispetto a quelle di un arco maneggiabile da un uomo di forza ordinaria. Contemporaneamente divennero di uso comune le cuspidi in acciaio forgiato di forma stretta e di sezione quadrangolare che, di uso specificatamente bellico, si rivelavano ideali per penetrare la maglia di ferro, spaccando un unico anello. Un simile risultato era ottenibile anche utilizzando archi non più potenti di quelli comunemente usati per la caccia grossa. Grazie a questi nuovi equipaggiamenti, combinati con l’uso di lunghe picche e palvesi (grandi scudi rettangolari) le fanterie di alcune regioni europee tornarono a essere competitive sui campi di battaglia.

L’esperienza delle crociate portò a sua volta i cavalieri occidentali ad affrontare la minaccia delle frecce scoccate con archi compositi da arabi e turchi. Per le balestre, già alla fine del XII secolo, fu messo a punto un metodo di caricamento tramite il cosiddetto “crocco”, un robusto cinturone dal quale pendeva un gancio di ferro. Questo attrezzo consentiva di usare la forza delle gambe per aprire massicci archi con carichi di trazione di 150 chilogrammi (circa 330 libbre). Nel corso del XIII secolo l’incombere di queste minacce spinse i cavalieri europei a rafforzare il loro apparato difensivo, nel tentativo di mantenere un ruolo dominante in battaglia. Alle protezioni in maglia di ferro iniziarono ad essere sovrapposte placche di cosiddetto “cuoio cotto”. (…) Dagli inizi del XIV secolo, l’ormai ordinaria presenza di forti contingenti di balestrieri su ogni campo di battaglia spingeva a migliorare ulteriormente le protezioni per gli uomini d’arme a cavallo. Ciò si realizzò con l’impiego sempre più ampio delle placche in acciaio sopra la maglia ad anelli, anche su braccia e gambe. La comparsa dell’arco lungo inglese, utilizzato in massa, accentuò drammaticamente questo fenomeno. Sebbene l’adozione effettiva del longbow fosse rimasta abbastanza circoscritta, dovunque furono impiegati larghi contingenti di arcieri inglesi il loro effetto fu micidiale e terrificante. L’arco lungo aveva l’efficacia delle balestre ma con una celerità di tiro tre volte superiore. In conseguenza, nella seconda metà del XIV secolo, l’armatura dei cavalieri europei si trasformò progressivamente da un sistema eterogeneo di protezioni a un completo coerente di straordinaria affidabilità.


Tratto da “Una gara mortale”, di Alessio Cenni – Arco 6/2022.


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